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ARCHEOLOGIA E TERRITORIO


La sezione archeologica del Museo di Riva del Garda ospita numerosi reperti provenienti dalle ricerche effettuate sul territorio che occupano un quadro cronologico che va dal Paleolitico medio (120000 – 33000 a.C.) fino all’età tardo antica altomedievale (VII-VIII secolo d.C.).

Nella prima sala, dedicata alle più antiche testimonianze della presenza umana, viene documentato il Paleolitico, la lunga stagione della caccia, che ha lasciato manufatti in selce scheggiata per poi passare al Neolitico, periodo dove ad un’economia interamente basata sulla caccia si affiancano gradualmente anche l’agricoltura e l’allevamento. Tra i reperti rinvenuti si segnalano punte di frecce in selce, asce, recipienti in ceramica e i primi esempi di ornamenti femminili come le collane ricavate da conchiglie marine.

Ampio spazio è dedicato alle imponenti statue stele di Arco risalenti all’Età del Rame (fine IV- III millennio a.C.) che rappresentano figure dall’aspetto umano caratterizzate da armi, elementi ornamentali e d’abbigliamento propri di quel particolare periodo storico.

Statue stele

  Uomini di pietra: le statue stele
A partire dalla metà del V millennio a.C. comparvero in gran parte d’Europa le statue stele, sculture scolpite nella pietra che rappresentano figure dall’aspetto umano. La loro diffusione nella regione alpina avvenne a partire dagli ultimi secoli del IV millennio a.C., in concomitanza con lo sviluppo dell’attività metallurgica e perdurò nel corso del III millennio a.C. Sulle statue stele sono solitamente raffigurati alcuni tra gli elementi caratteristici della prima età dei metalli, come le asce piatte, i pugnali triangolari, le alabarde, gli ornamenti, che vanno interpretati come oggetti carichi di significato simbolico e indicativi di un particolare status del personaggio raffigurato. E' difficile definirne il significato e la funzione: si tratta probabilmente di forme di rappresentazione ideologica riferite a personaggi di rango elevato realmente esistenti, oppure a figure commemorative di antenati illustri o a immagini di divinità al cui culto erano destinate.
Diversamente dalle statue stele rinvenute ad Arco, in molti casi si tratta di ritrovamenti isolati e comunque al di fuori di un contesto archeologico che potrebbe fornire informazioni sul loro significato.

Proseguendo nella visita si entra nell’area relativa agli insediamenti palafitticoli di Molina di Ledro e di Fiavè Carera che si sviluppano nel corso dell’Età del Bronzo (2200-1000 a.C.) e nelle vetrine sono conservati oggetti d’uso quotidiano in ceramica e metallo, nonché oggetti prestigiosi come diademi, perle d’ambra e le cosiddette tavolette enigmatiche di Ledro.

     
Archeologia palafitte 1   Un mondo sull’acqua
A partire dagli ultimi secoli del III millennio a.C. le tecniche metallurgiche si perfezionarono e si introdusse l’uso del bronzo, una lega di rame e stagno. Durante quest’epoca si affermò la “Cultura di Polada” e vennero fondati numerosi abitati su palafitta, che hanno nell’anfiteatro morenico a sud del lago di Garda uno dei principali centri di sviluppo.
La scelta degli ambienti umidi e lo sviluppo dei villaggi su palafitta non determinò tuttavia il totale abbandono dei siti tradizionali all’asciutto, che rimasero localizzati principalmente su dossi o terrazzi.
La ricchezza e l’abbondanza dei materiali d’uso quotidiano rinvenuti nelle palafitte consentono una ricostruzione ampia e dettagliata del sistema di vita di queste popolazioni, caratterizzato da una struttura sociale articolata e da autonomia economica. I villaggi potevano contare su forme di artigianato a carattere prevalentemente domestico, necessarie per far fronte ad un ambiente agricolo e pastorale montano.

Uno sguardo viene rivolto ai culti protostorici, (nei territori alpini centro-orientali attestati a partire dal XIII secolo a.C.), dedicati alle divinità delle acque e ai riti del fuoco. Tra le offerte votive si segnalano pugnali, spade e oggetti ornamentali in bronzo come spilloni e fibule.

     
Archeologia busa brodeghera 2   L’uomo della Busa Brodeghera: caccia o sacrificio?
Una scoperta eccezionale è stata effettuata nel 1976 sul Monte Altissimo (Nago-Torbole) a 1950 m di quota, in una stretta voragine, profonda circa 70 m, permanentemente invasa da neve e ghiaccio. Sul fondo della Busa Brodeghera un gruppo di speleologi ha rinvenuto lo scheletro di un individuo di circa 20 anni, zoppo, con una ferita al capo che forse ne aveva causato la morte e che portava con sé alcuni oggetti personali, databili al V-IV secolo a.C. Si ritiene che fosse un cacciatore, caduto per cause accidentali: nel suo equipaggiamento, infatti, è presente il fodero di un coltello, analogo a quello raffigurato su un frammento di situla proveniente da Welzelach (Austria) sul quale è rappresentato un uomo intento alla caccia alla lepre che porta sul fianco lo stesso tipo di oggetto. Non si può tuttavia escludere che il ritrovamento sia connesso con pratiche cultuali come il sacrificio umano o con una particolare forma di sepoltura.

La visita prosegue nella sezione dedicata al Monte san Martino in cui gli scavi archeologici hanno messo in luce un importante luogo di culto frequentato a partire dalla seconda età del Ferro (soprattutto IV-III sec. a.C.) dalle popolazioni retiche e successivamente da quelle romane che lo trasformarono in un vero e proprio santuario. Accanto ai manufatti ceramici e in metallo di notevole importanza sono quelli lapidei che attestano il passaggio dalla scrittura in lingua retica a quella latina.

     
Archeologia allestimento 1   La Fratta del Tesoro
Monte San Martino si erge tra la valle del Magnone e della Gamella sopra i paesi di Pranzo e Campi. In quest’area a partire dal 1969 alcuni studiosi ed appassionati di storia locale, prendendo spunto da leggende popolari che narravano di un paese scomparso e di un capretto d’oro, intrapresero delle ricerche che portarono alla individuazione di numerose testimonianze archeologiche in un’area denominata “Fratta del tesoro”. Le indagini permisero la scoperta di un importante luogo di culto frequentato durante la seconda età del Ferro, tra il IV secolo a.C. e la successiva epoca romana, quando si trasformò in un vero e proprio santuario.

Il percorso continua con una significativa selezione di epigrafi romane (I – II sec. d.C.) che ci “raccontano” la vita sacra degli uomini che si insediarono nella zona gardesana. Accanto ai culti ufficiali di Giove, Giunone, Saturno, si nota il permanere di alcune divinità locali come il dio Bergimo di Arco o il dio Medilavino della Val di Ledro.
Accanto alla sfera sacra vengono illustrati anche gli aspetti legati alla vita quotidiana dei romani del Basso Sarca con approfondimenti sulla centuriazione, sulle aree abitative e sulle necropoli che hanno restituito monumenti funebri e ricchi corredi in esposizione. L’elegante vasca marmorea è invece da riferire alla recente scoperta nel centro di Riva delle terme (I sec. d.C.) che permettono di ipotizzare l’esistenza di un nucleo urbano sulla sponda settentrionale del Lago di Garda.

     
Archeologia vasca romana 2   La vasca marmorea
La vasca posta al centro della sala costituisce indubbiamente il pezzo artisticamente più significativo della sezione.
La tradizione riferisce che essa venne ritrovata durante l’esecuzione di lavori nella canonica della chiesa parrocchiale di Santa Maria. Oggi, a seguito della scoperta del complesso termale, appare probabile la sua originaria collocazione nelle terme. Qui è stato infatti individuato un vano absidato, che sembra essere stato appositamente predisposto per il suo inserimento. Il pezzo è databile alla seconda metà del I sec. d. C. ed è parte superstite di una sontuosa fontana a piede in marmo cristallino.
Privata delle anse e segata nella parte superiore, la vasca, benché più volte reimpiegata, presenta un fregio in due fasce distinte, lavorate a trapano e rifinite a scalpello, con notevole effetto chiaroscurale. Tema del fregio è la vendemmia e si scorgono ancora le scene raffigurate: putti intenti alla raccolta e alla pigiatura dell’uva, animali e tralci di vite.

La sezione archeologica si chiude con alcuni reperti di età tardoantica, altomedievale, provenienti sempre da contesti funerari.
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