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Oltre il confine della tela | Fontana, Burri, Manzoni, Dadamaino, Bonalumi, Scheggi
A cura di Daniela Ferrari, Mart
MAG Riva del Garda, Museo
Fino al 1 novembre 2015
Inaugurazione: venerdì 17 luglio ore 21.00
+5

Lucio Fontana, Concetto spaziale, 1960, Olio e graffiti su tela / Oil and graffiti on canvas, Mart, © Fondazione Lucio Fontana

In collaborazione con Mart Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto.

Storicamente la mostra muove dagli anni Cinquanta e ricostruisce, attraverso le opere e il catalogo, un percorso comune tra artisti straordinari, fatto di relazioni, confronti, acquisizioni reciproche e mostre collettive che diedero vita a un clima culturale inedito e vivace. Coprendo un arco temporale che dagli anni Cinquanta conduce alla fine del Novecento, la mostra si sofferma in particolare sulla produzione degli anni Cinquanta e Sessanta. Diverse tra le opere presenti sono state in passato inserite in mostre storiche di rilievo internazionale, il che rende Oltre il confine della tela un’esposizione particolarmente significativa anche dal punto di vista scientifico.

Spiega la curatrice Daniela Ferrari: «Il racconto che sta alla base del progetto espositivo è quello dell’apertura di un varco, di una strada mai percorsa. L’arte italiana è protagonista di una rivoluzione estetica, paragonabile alla rivoluzione copernicana, a partire dalla quale si apre un nuovo modo di vedere e concepire il quadro e lo spazio che lo contiene».
Fontana, Burri e Manzoni rappresentano negli anni Cinquanta le punte più avanzate della ricerca artistica italiana, le loro riflessioni influenzano e corrono parallele a quelle dei più giovani Dadamaino, Bonalumi e Scheggi.

La sovversione si attua negli sfondamenti della superficie che sono puro concetto: «Io buco, passa l’infinito di lì», dichiara Fontana. Nei celebri Concetti spaziali viene evocato lo spazio come dimensione reale e, nel contempo, cosmica, al di là dei buchi e dei tagli sulla tela.
Nell’opera di Burri (di cui ricorre quest’anno il Centenario della nascita) protagonista è la materia, espressa attraverso l’utilizzo di materiali poveri: sacchi di juta, legni bruciati, lamiere saldate e fogli di cellophane, che conservano e “narrano” la propria storia di oggetti, consunti dall’uso e trasformati dall’artista.
Il gesto, il pensiero, l’idea guidano le operazioni artistiche di Manzoni, spesso provocatorie e irriverenti, tese verso l’azzeramento linguistico della pratica artistica. Negli Achromes (letteralmente non-colore), l’artista presenta opere totalmente monocrome, di un bianco assoluto, di una purezza radicale. Unica concessione formale la superficie grinzata o cucita.
Le tele di Bonalumi superano il limite tradizionale del quadro, dilatandone i confini. A costituire la struttura portante dell’opera sono centine o imbottiture, ricoperte dalla tela, sulla quale è steso un colore monocromo e saturo.
La tela è invece bucata con tagli sagomati nelle opere di Dadamaino, che lascia intravvedere porzioni di muro, e di Scheggi, che lo ricopre adottando la tecnica delle tele sovrapposte.


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