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Aroldo Pignattari. Il gioco delle forme classiche
MAG Riva del Garda, Museo
Fino al 1 novembre 2009
Con la mostra dedicata ad Aroldo Pignattari proseguono le indagini sulle radici, sulla storia, del Museo di Riva del Garda e del “Gruppo Amici dell’Arte”.
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Dopo aver studiato e presentato al pubblico le mostre e i cataloghi riguardanti alcune figure, come Achille Dal Lago (2005), Antonio Calderara e Carlo Vitale (2008), e la storia dell'associazione con le collaborazioni promosse fra gli anni 1946 - 2006, è ora la volta di presentare agli amanti dell’arte e ai cittadini di Riva del Garda un profilo dell’artista Aroldo Pignattari.

Nato a Bomporto (Modena) il 18 giugno 1913, dopo aver studiato all’Istituto d’Arte “Adolfo Venturi” nella città emiliana e partecipato alla vita culturale con le prime mostre personali e collettive in città e in molti centri della penisola, nel 1949 vince un concorso per la cattedra di disegno a Riva del Garda dove si trasferisce presso la scuola “Scipio Sighele”. Entra nel “Gruppo Amici dell’Arte” e partecipa attivamente all’organizzazione di mostre e di eventi culturali all’interno della Rocca assieme agli amici Giacomo Vittone, Mario Matteotti, Alberto Susat, Achille Dal Lago, Hans Lietzmann, Arturo Paluselli, Carlo Pizzini, Luigi Pizzini e molti altri. E’ tra i fondatori della Casa degli Artisti a Canale di Tenno. Un sodalizio questo che terminerà soltanto con la morte dell’artista, avvenuta a Riva del Garda il 1 luglio 1999. E la Rocca diventerà anche la sua seconda casa dal momento che utilizzò come atelier, assieme ad altri artisti rivani, un grande locale situato nella torre sud ovest. Scultore della terra e del fuoco – le sue opere oscillano tra la terracotta e il bronzo – seppe infondere nella materia la lezione classica rinascimentale (Michelangelo e Donatello) con gli insegnamenti del ‘900 italiano (Emilio Greco, Francesco Messina, Giacomo Manzù).

Il risultato sono opere discrete, attente alla forma e alla plasticità, prevalentemente legate ad una sorta di intimismo affettivo dove prevalgono le immagini femminili, di cui il più noto lavoro rimane la Mignon collocata in Piazza Garibaldi. C’è, nell’artista, un desiderio di purismo, della ricerca non tanto della velocità e dinamicità di futuristica memoria quanto della staticità, dell’immobilità, come se l’artista volesse, assieme alla voce del tempo che fugge, ascoltare anche la voce del tempo immortale. Un’immobilità da cui traspare, a volte, una certa sensibilità metafisica. Così come la sua arte sacra materializza tutta la sensibilità per i sentimenti di vita e di morte, mettendo assieme il mistero della maternità, della nascita, del rinnovamento della carne e dello spirito, con la Crocefissione, ovvero la morte ma anche il sacrificio e la redenzione, la rinascita.

Moltissimi suoi lavori sono collocati nel territorio del Basso Sarca – in catalogo è riportata una piantina con la dislocazione delle opere, un ideale proseguimento della mostra – e presenti in collezioni private e pubbliche. In mostra saranno esposte una cinquantina di opere, tra sculture, dipinti, disegni e bozzetti, scelte dalla ricca produzione di Aroldo Pignattari. Una scelta che ci permette di capire il lavoro di questo artista che ha interpretato con poliedricità alcuni aspetti della ricerca artistica italiana nel secondo dopoguerra.

Catalogo a cura di Fiorenzo Degasperi con un intervento di Albino Franco

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